Vi scrivo da Bogotà.
Siamo piuttoste euforiche, io e Alex, perchè la partenza dalla costa caraibica verso Bogotà ha segnato un punto di svolta del nostro cammino, simbolo di apertura per nuovi orizzonti!
Ci siamo lasciate alle spalle, con non poche difficoltà, l’altro ragazzo (G.) che viaggiava con noi.
Potrebbe sembrare tutto bello visto dall’esterno ma viaggiare insieme ad altre persone a volte risulta più difficile che convivere nella stessa casa e se l’equilibrio necessario non si incontra, il viaggio può trasformarsi in un incubo. Non é il nostro caso, in questi 2 mesi ci siamo divertiti assieme ma per evitare, io e Alex abbiamo deciso che era il momento di seguire il viaggio da sole. Non é stato facile ma con un pò di manipolazione mentale, come solo due ragazze assieme sanno fare, ci siamo lasciate alle spalle G. senza ferirlo troppo nell’orgoglio e dopo 20 ore di Bus eccoci a Bogotà, pronte ad affrontare nuove avventure… da sole! Finalmente inizia il vero viaggio per il quale siamo venute in Sudamerica!:D
Alex in questo momento si trova all’ambasciata Svizzera/Austriaca a ritirare il suo passaporto provvisorio. Ieri una firma e oggi il passaporto pronto con il quale potrà proseguire il viaggio per un anno. Fleissig, come direbbero in tedesco!
45 min di bus dal centro per raggiungere il quartiere dell’ambasciata, uff… troppo grande Bogotà, quindi toccata e fuga! Stasera partiamo nuovamente per la zona caffetera a sud ovest della metropoli a bere caffè e rilassarci nelle terme. Eh sì, dura la vita direbbe qualcuno. 🙂
In Bogotà fa freddo, adesso splende il sole ma ci saranno 20 gradi. I miei piedi e mani sono gelati. Mi ero abituata troppo bene ai 30 gradi della costa caraibica.
Dopo essere scappate da Cartagena , teatro di brutti eventi, ci siamo dirette verso est a Santa Marta, una nota località costiera. Vedi mappa.
Il nostro lossuoso hostel di 6 euro a notte, si trova a Taganga, un piccolo paesino, una volta tipico, ora invaso dai Backpackers. Carino e ideale per chi non parla una parola di spagnolo, vuole mangiare internazionale o conseguire il brevetto PADI a soli 200 €.
Per noi é stato solo un luogo per riprenderci, senza dover pensare troppo, dallo stress del furto, dalla mia influenza (anche intestinale) e base di partenza di un paio di escursioni per La Ciudad Perdida e il Parque Tayrona.
LA CIUDAD PERDIDA
La Sierra Nevada de Santa Marta é un parco naturale montuoso situato sulla costa caraibica. Le sue montagne raggiungono 2 picchi di 5.775 mls, le montagne più alte del mondo vicino al mare. L’accesso al parco é possibile solo tramite escursioni guidate. Da soli sarebbe impossibile, il parco é costituito da una selva impenetrabile, oltre ad essere pericoloso in quanto la sua conformazione é ideale per azioni paramilitari.
Quindi l’unica possibilità per visitare la selva della Sierra Nevada é andare alla ricerca della CIUDAD PERDIDA – TEYUNA.
Ci sono due possibilità per raggiungere la città perduta:
un facile sentiero commerciale, andata e ritorno per la stessa via, tanti turisti e poca avventura o una seconda via più lunga che passa attraverso la selva, con dislivelli di più di 1000 m.
Quale abbiamo scelto noi? La seconda of course.
L’escursione é iniziata con un viaggio di tre ore in Jeep, attraverso la peggiore strada che abbia mai percorso in vita mia. Le buche profonde mi hanno fatto desiderare intensamente l’inizio del cammino.
La prima parte del sentiero passa attraverso piantagioni di caffè. Lo sapevate che il caffè é dolce nel momento che si raccoglie dalla pianta?
In seguito si cammina per tre giorni nel mezzo della selva, perdere il sentiero é praticamente impossibile. La folta vegetazione ti obbliga a seguire il sentiero, anche se in certi punti la nostra guida Camacho, ha dovuto farci strada tagliando le piante che astacolavano il cammino.
Non ho parole per descrivervi la sensazione che si prova nel stare nel mezzo della selva. Spesso mi isolavo camminando da sola, per immergermi nei miei pensieri coccolata dai dolci rumori della natura. Durante il cammino ho visto 2 serpenti velenosi, un tucano, iguane, e tante varietà di uccelli e ragni.
Il cammino é davvero duro, 5/6 ore di marcia al giorno, con salite ripidissime che spezzano il fiato, tratti fangosi che non conoscono la luce del sole, discese altrettanto ripide che distruggono le gambe, il tutto consolato da freschi bagni nel fiume a fondo valle, come ricarica batterie prima di ricominciare la salita.
Uno sforzo piacevole, ripagato abbondantemente all’anima.
Ma la parte veramente dura é passare la notte. Il sentiero é percorso da poche persone, di consegueza anche le comodità vengono a mancare. Un materasso polveroso é stato il nostro letto per 5 giorni. Una vera avventura ed una lotta continua contro le zanzare, ragni e i vari animali. Le mie paranoie notturne mi hanno impedito un sonno riposante, mi sono pentita amaramente di essermi dimenticata il mio sacco a pelo-lenzuolo, e solo alla fine del trekking ho rilevato ad Alex che gli infiniti punti rossi sulle sue gambe erano opera dei bed bugs. Perlomeno ha potuto dormire.
I camp dove ci siamo fermati erano però stupendi: oasi di luce quasi surreali nel mezzo della foresta, sorvagliati da Indigeni Kogie!
Gli indigeni sono un altra parte affascinante del cammino ed é davvero difficile per noi uomini di mondo moderno pensare che esistano ancora popolazioni che vivono in mezzo alla selva con solo ciò che la natura può offrire loro.
Per alcuni istanti ho desiderato intensamente di essere un indigena ma poi mi sono resa conto che a trentanni (31) é difficile tornare indietro e rinunciare alle nostre comodità materialiste.
In sierra nevada vivono tre popolazioni indigene: i Kogui, gli Arhuacos e i Kankuamos. Durante il cammino si incontrano villaggi Kogie e Auhracos.
Gli indigeni sono molto riservati, parlano poco. Gli uomini masticano foglie di coca e montano il loro Poporo, una mescola di coca masticata con Lime (se ho capito bene bava di lumaca di mare). Un simbolo che racconta la storia della sua vita, rivela problemi e soluzioni che però solo il Mama (il lieder degli indigeni) é capace di leggere.
Al quarto giorno siamo arrivati alla Ciudad Perdida, una dura scalinata nascosta di 1500 scalini porta alla città.
Il sitio fu scoperto dai “guaqueros” (cercatori d’oro) nel 1972, saccheggiata del suo oro ma poi denunciata al istituto atropologo della Colombia nel 1976. In seguito parte della città fu studiata e in parte ricostruita dagli archeologi. Gli indigeni bloccarono i lavori per evitare il disboscamento. Il 90% della città é ancora nascosta dalla vegetazione. Esistono altre città non accessibili.
Teyuna risale al 800 D.C., era considerata sacra e abitata dai Tayrona, gli antenati degli attuali indigeni che tutt’ora considerano la città un luogo di culto. Momentanemente gli indigeni permettono la visita al turista tramite un pagamento di pedaggio ma in ogni istante potrebbero repentinamente vietare l’entrata.
Il fascino della Sierra é proprio questo, la sua virginità. Gli indigeni vietano l’accesso ad altre zone della Sierra, si pensi che le cime dei suoi monti non sono mai stati raggiunti per la sua sacralità! Gli indigeni la vietano.
Inoltre fino a pochi anni fa la zona era controllata dai corpi paramilitari. Nel 2003 sequestrarono un gruppo di turisti proprio a Teyuna, per questo motivo ora la zona é controllata e resa sicura da numerosi militari che sorvegliano la zona.
Dopo aver visitato la città in mattinata, abbiamo percorso la via del ritorno in solo un giorno e mezzo e 12 ore di cammino per la via commerciale, poco interessante.
Fantastico, una escursione che consiglio a tutti, non tanto per la città, seppur molto bella e interessante ma più per la sensazione di essere immersi un un mondo selvaggio, isolandosi per qualche giorno dal mondo reale.
PARQUE TAYRONA
Un altra escursione é stata il Parque Tayrona, la parte costiera della Sierra Nevada. Spiagge caraibiche di sabbia bianca e la notte passata dormendo in una amaca in riva al mare. Purtroppo non ho il tempo per raccontarvi di più, devo scappare…. Alex é appena tornata con il suo passaporto bianco provvisorio (bianco in doppio sentido: per il colore e per la mancanza dei suoi preziosi timbri).
Lascio le parole alle foto del parco e la consapevolezza di aver lasciato un pò di soldi puliti a questo fantastico paese chiamato Colombia, purtroppo ancora segnato da una guerra interna per quella affascinate e diabolica polverina bianca.
Votiamo tutti assieme per legalizzarla e porre fine ad anni e anni di massacri che altrimenti difficilmente avranno fine.
Cliccate qua o sulla foto per vedere la galleria fotografica del mar dei caraibi colombiano!!
Il giorno 3 di febbraio scade il mio visto in Colombia. La prossima meta… Ecuador o Perù? Ancora dobbaimo decidere.
A presto
primo! 😉
ed ultimo … Ciao Boludo!
Che posto spettacolare!!!!