Martedì 15 marzo – Rio Napo, Perù
Vi sto scrivendo da un Peque-Peque (Peke-Peke) una tipica imbarcazione nel bel mezzo della foresta amazzonica. La sua lunghezza é di circa 8 o 9 metri e larga approsimatamente 1,5 m. Nessuno parla a bordo … il silenzio é coperto dall’inconfondibile rumore del motore da 75 cavalli, simile al trattore di mio padre. Lo stesso rumore che dà il nome alla barca (peke-peke-peke-eke-…).
Sulle sponde del Rio Napo, la foresta amazzonica si erge rigogliosa… senza pena … come se il suo futuro avesse tutto il tempo per realizzare il suo sogno, quello stesso sogno che l’uomo accecato per la sua ambizione e ignoranza, decise di cancellare per sempre!
Sono completamente affascinata dal paesaggio selvatico che si mostra davanti ai miei occhi senza segno di civilizzazione alcuna, carica l’anima di energia positiva e stimola le cellule del cervello.
Il Rio Napo, uno dei pricipali affluenti del Rio delle Amazzoni, é piuttosto basso in questo periodo.
Questo fiume con più di un km di larghezza, all’apparenza sicuro, é in realtà pericoloso se non si conosce. Navigare a zig-zag è inevitabile per i banchi di sabbia nascosti dalla superficie dell’acqua che si spostano di giorno in giorno dalla corrente. Quindi oggi ci si potrebbe arenare qua, domani là!
Siamo partiti da circa 2 ore da Pantoja, il primo villaggio in terra peruviana.
Per due giorni le nostre vite sono nelle mani di Francisco, il baby pilota di 16 anni che, con la maturità di un adulto e il temperamento di un bambino, osserva attentamente la superficie dell’acqua per evitare lo scontro con uno dei numerosi tronchi, pericolosi per la nostra piccola imbarcazione.
Francisco é peruviano e si sta recando al suo villaggio per andare a scuola, ci ha gentilemnte offerto un passaggio con la sua imbarcazione (in cambio di dinero, of course). Un altro uomo peruano, Rener, sta dormendo al suo fianco. Al mio lato Cristina (Christie), la gringa di L.A. (Los Angeles), una signora di 46 anni, artista, surfista, contempla affascinata il panorama e a volte si esercita con la sua Ukulele, comprato alle Haway (e dove senò?). Il mio idolo, spero tra 15 anni di essere in forma come lei e con lo stesso spirito di vita.
Al mio lato Alex sta leggendo il mio libro con racconti ambientati nella selva del Rio Napo, comprato per puro caso da un ragazzo argentino, prima di sapere dove fosse.
Pepe (Asaf), un fantastico ragazzo israeliano, si piega in 4 per stare nella barca, ci allieta suonando la chitarra ma la melodia é coperta dal rumore del motore.
Non importa, il quadro della felice famigliola é perfetto.
Sulla punta Jimin, un coreano tenero e innocente che si sorprende nel vedere una pera, é letteralmente coperto da punture di zanzare e sandflies, piccoli moscerini assetati di sangue. Non si stanca nel correggere la gente che é coreano e non cinese. Per i sudamericani tutti gli asiatici sono Chinos!
Io nel centro seduta al suolo osservo, penso, scrivo …
2 galline camminano felici per la barca, inconsapevoli che saranno la nostra cena di questa sera!
Questo é l’equipaggio che dalla frontiera Pantoja (Perù) ci porterà a Santa Clotilde. Terza tappa del nostro viaggio sul fiume.
Ma come sono arrivata a questo punto?
Flash-Back
Nell’ultimo mio post vi avevo lasciato in Tena (Ecuador) da dove con 5 ore di Bus, io e Alex, abbiamo raggiunto Coca (porto di San Francisco de Orellana), ubicato sulle rive del Rio Napo, porta d’accesso per la vera selva, nonchè inizio del nostro Boat-trip che ci porterà fino a Iquitos in Perù.
In un paese la cui ricchezza principale é il petrolio, la città di Coca ne é la capitale, perciò sviluppatasi esponenzialmente nell’ultimo decennio.
L’oro nero, il Dio Soldo sempre causa di guerre e distruzione della foresta amazzonica e dei suoi indemici abitanti, i quali, alcuni sono stati sconfitti per la violenza, altri corrotti e ceduto alla modernità, mentre pochi ancora si battono tutt’ora per difendere il loro mondo, fino al punto di uccidere senza pietà qualsiasi forma di vita umana che entri nel loro territorio.
Prima di arrivare a Coca le informazioni erano pressochè nulle, l’unica fonte Internet, grazie a Blog di altri viaggiatori. Un racconto in spagnolo risalente al 2007 ci convince che possiamo farcela.
Nel porto di Coca ci informano che la barca peruviana che percorre il tratto da Pantoja a Iquitos in 5 giorni arriverà il 15 di marzo (oggi é l’11 marzo) . Invece chiamando il porto di Iquitos, ci dicono che la barca tarderà 10 giorni. Troppo tempo per aspettare. Che fare allora, a chi credere?
Decidiamo di affidarci agli avvenimenti e alla buona sorte e di partire per il Perù.
Prendiamo la “lancia” Coca- Nuova Roccafuerte (Frontiera Ecuadoriana) la domenica. La barca sembra un “Cajucco” (come una barca di clandestini albanesi) sovraccaricato di gente, tanto é vero che la polizia costiera fa un po’ di scena prima di farci partire ma poi, dopo un’ ora di attesa, come sempre fa finta di niente. Pesantissimo, 10 ore di viaggio. Un centinanio di persone e tre stranieri: Io, Alex e una gringa di L.A .
Dopo qualche ora, piano piano la barca si svuota dai militari e gli abitanti dei vari villaggi lungo il fiume. Arriviamo a Nueva Roccafuerte che é quasi notte.
Pernottiamo e la mattina seguente, timbriamo il passaporto per uscire dall’Ecuador.
Soluzionato alcuni problemi (Alex risulta australiana e non austriaca e il mio passaporto non lo accettano), Fernando ci porta con la sua lancia in Perù per 40 dollari (ne voleva 70 ma ormai siamo esperte nel contrattare il prezzo) che dividiamo con Christine, la gringa conosciuta a Coca. Anche lei sta viaggiando ad Iquitos. 🙂
BIENVENIDOS EN PERU’ !!!
2 ore di navigazione in Peque-Peque e arriviamo a Pantoja , un piccolo villaggetto con le case di paglia appena dopo la frontiera, in Perù. Sbarchiamo e subito scopriamo che la barca di linea non arriverà prima del 23 marzo!!! 🙁
Uff, 10 gg in un paesino nel mezzo della foresta amazzonica, con un grande motore per generare energia elettrica (dalle 8 di mattina alle 11 di sera, puntuali!!!) e con acqua solo se sei fortunato, sarebbe una esperienza interessante ma troppo lunga, visto che il tempo che mi rimane di viaggio é poco.
Per fortuna non sono la sola a pensarla così: ad accoglierci 2 ragazzi, Pepe (israeliano) e Jimin (coreano) fermi in Pantoja da una settimana, in attesa di qualcuno per condividere il prezzo di un passaggio privato. Che fortuna, domani si parte! 2 giorni di viaggio in Peque-Peque
Mercoledi 16 marzo – PUERTO ELVIRA, Perù
Ero tanto determinata ad intraprendere questo viaggio che la fortuna non poteva che essere dalla nostra parte! Infatti la decisione di partire senza un minimo di sicurezza si é rilevata un’ ottima scelta. Oltre a guadagnare tempo (2 giorni contro i 5 della barca di linea che viaggia giorno e notte) stiamo vivendo esperienze che non incontrerete sulla Lonely Planet.
Questa la mappa del nostro viaggio.
Nella notte, prima che cadessero le tenebre ci siamo fermati in un “poblato nativo”, un piccolo paesino lungo il fiume, dove vive la zia di Francisco, il nostro baby pilota.
Una esperienza indescrivibile:
Il letto, le nostre amache.
La luce, le nostre torce.
Il bagno, il fiume.
La cucina, un fuoco.
La cena, le nostre galline!
Amici ed una chitarra.. Senza desiderare nient’altro al mondo!
I bambini oltre ad essere curiosissimi, sono dolci e bellissimi. Parlare la stessa lingua e poter comunicare con loro mi sembra quasi inreale, un dono.
E’ appena iniziato il secondo giorno di viaggio, stamattina partenza alle 6. Altre due soste in altri due piccoli villaggetti per lasciare della merce hanno semplicemente amplificato le nostre emozioni.
Incuriosita , mi sono avvicinata ad una signora lungo il fiume, stava preparando “Chicha” una tipica bevanda indigena a base di Yuca fermentata (Yuca: una radice sudamericana che mangiano a posto delle patate).
La fermentazione avviene con la saliva. Io ho solo visto che la signora, prima di offrirmi una abbondante scodella di questo composto vischioso, aggiungeva acqua del fiume (che non ha lo stesso colore dell’acqua delle alpi svizzere). No, non ce l’ho fatta a provarlo. Per fortuna l’indigena non si é offesa.
Un camaleonte su un albero si é goduto la scena divertito.
Bueno, ci aspettano 10 ore di Peque-Peque. A presto.
Giovedi 17 Marzo, SANTA CLOTILDE
Eccoci arrivati a Santa Clotilde, una città paragonata ai vari villaggetti incontrati lungo il fiume ma sempre con case di paglia, acqua e corrente con il contagoccie. Mancano circa 200 km a Iquitos ma da qua partono trasporti pubblici giornalmente. Il posto ci piace molto, la gente anche. Siamo un diversivo per loro.
“Gringos, gringos!!!” é l’eco che si ascolta al nostro passaggio. I bambini sono affascinati soprattutto da Jimin, il coreano. Lo chiamano Jackie Chan (amatissimo in sud America) perchè gioca con loro a “Tae Kwon Do“.
Ci siamo fermati 2 notti, oggi un ragazzo del posto ci ha portato nel mezzo della selva con la sua imbarcazione. In “agua negra” cioè in una laguna di acqua ferma, dove vivono i piranhas. Questi graziosi pesciolini in realtà non sono tanto aggressivi come si vede nei film. Attaccano solo se vedono sangue…. così dicono!
Io però, per sicurezza, la mano in acqua non ce l’ho messa! :s
Al nostro ritorno la madre del ragazzo ci ha cucinato nella sua modesta casa del pesce avvolto nelle foglie di Banano, fantastico! 😛
Venerdì 18 Marzo, Rio delle Amazzoni
Da Santa Clotilde in 4 ore di barca “Rapido Rapido” siamo arrivati al porto di Mazan, dove il Rio Napo si getta tra le braccia del mitico Rio delle Amazzoni.
Da Mazan un altra imbarcazione rapida ci trasporta a Iquitos in soli 40 min.
Non posso credere ai miei occhi, la mia immaginazione non era mai arrivata a tanto… che possa esistere un fiume tanto grande…. sembra il Lago Maggiore ma no, non é un lago, é un fiume che attraversa tutto il Brasile… e questo non é il punto più largo!
Iquitos, Perù
Una vera e propria città nel mezzo della selva amazzonica. Le sue vie d’accesso sono solo il fiume e il cielo. Una città con un fascino particolare. Non ci sono auto per la città… solo motor taxi e qualche bus capaci di creare uno smog da fare invidia a Milano.
Siamo tornati in città, nella civilizzazione ma nel mezzo della selva a centinaia di km dalla prossima città. Ora non siamo più speciali per la gente, qua di stranieri ce ne sono parecchi e non mancano le occasioni per ricordarci che dobbiamo stare attente. Ci vorrebbe un post intero per descrivere questa città con palazzi stile spagnolo, decorati da mosaici colorati e gli interni di tutti i bar, ristoranti, hotel, addobbati da pelli di animali di ogni tipo: Boa, orsi, tigri, teste, scheletri. Ma ciò che mi ha particolarmente colpito é il mercato. Vendono di tutto, ma proprio di tutto. Dopo 2 ore é inevitabile il mal di stomaco per la vista e gli odori.
(Clicca qua per vedere tutte le foto del mercato di Iquitos)
La città “nuova” (di cemento) é rialzata rispetto al fiume che durante le diverse stagioni dell’anno varia la sua altezza di parecchi metri. La parte povera si chiama Belen ed é formata da palafitte di legno in acqua o a secco a seconda della stagione. Una parte (chiamata Venecia) rimane in acqua tutto l’anno grazie alle sue case flottanti che galleggiano sull’acqua in compagnia di delfini rosa che popolano le sue acque (eh sì, delfini nel fiume!). La vita di questa gente si svolge in barca.
Una realtà dura da vedere… dura da digerire!
Mercoledì 23 Marzo
Ora sono sulla nave che da Iquitos ci porterà a Yurimaguas per poi dirigerci a Tarapoto. Abbiamo lasciato “la famiglia”, gli amici con cui abbiamo condiviso questa intensa avventura, una delle più forti della mia vita.
Il mio cuore e la mia mente sono come una spugna… assorbono assorbono… ma questa esperienza mi ha saturato. Tre giorni per riposare, dormire, pensare, carburare e digerire … arrivano nel momento perfetto, per far spazio a nuove avventure. 🙂
Qua altre foto dell’esperienza amazzonica Foto amazzonia Perù